La loro incapacità di discernere ciò che è veramente santo (23:16-22).

La loro successiva condanna sta nel fatto che pongono maggiore enfasi sui propri doni e offerte di quanto non facciano sui mezzi forniti da Dio e quindi "santi" per avvicinarsi a Sé. Sottolineano le proprie opere piuttosto che il provvedimento di Dio. Così, invece di 'vedere Dio', i loro occhi si riempiono della loro stessa attività religiosa.

Analisi.

a “Guai a voi, guide cieche, che dite: 'Chi giura per il tempio, non è nulla, ma chi giura per l'oro del tempio, è debitore.' Stolti e ciechi, perché più grande è l'oro, o il tempio che ha santificato l'oro? ( Matteo 23:16 ).

b «E: 'Chi giura per l'altare, non è nulla, ma chi giura per il dono che vi è sopra, è debitore'» ( Matteo 23:18 ).

c «Ciechi, perché più grande è il dono, o l'altare che santifica il dono?» ( Matteo 23:19 ).

b «Chi dunque giura per l'altare, giura per esso e per tutto ciò che vi è sopra» ( Matteo 23:20 ).

a «E chi giura per il tempio, giura per esso e per colui che vi abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per colui che vi siede» ( Matteo 23:21 ).

Si noti che in 'a' l'enfasi è sulla grandezza e santità del Tempio come 'dimora' terrena di Dio, e nel parallelo che viene enfatizzato. In 'b' si fa riferimento all'altare, e parallelamente si evidenzia la superiorità dell'altare rispetto a ciò che vi viene offerto. Al centro in 'c' si pone l'accento sul fatto che ciò che santifica è più grande di ciò che è santificato.

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