1 Corinzi 7. Problemi di matrimonio, celibato e divorzio. A questo punto Paolo riprende una lettera inviata dalla chiesa di Corinto invitando il suo giudizio su varie questioni, indicando apparentemente le proprie opinioni con una certa soddisfazione di sé. La risposta segue probabilmente l'ordine della lettera, non solo per quanto riguarda gli argomenti in generale, ma i diversi rami degli stessi. Questo spiega lo sviluppo alquanto casuale dell'argomento in questo capitolo. (Sulle questioni discusse, vedi p. 650.) L'opinione avanzata nella lettera era che il celibato doveva essere praticato nella chiesa. Una vista del genere non era innaturale in una città così ripugnante come Corinto.

1 Corinzi 7:1 . Paolo inizia affermando la propria preferenza personale per la continenza assoluta. Ma riconosce che questo è un consiglio di perfezione. Perciò raccomanda il matrimonio perché si prevenga l'impudicizia, e il matrimonio, naturalmente, nella forma della monogamia (1 Corinzi 7:2 ).

E questo deve essere un vero matrimonio, in cui gli obblighi fisici dell'uno verso l'altro siano debitamente osservati, poiché in questa materia entrambi non appartengono a se stessi, ma l'uno all'altro. Quindi nessuno dei due può trattenere all'altro il matrimonio dovuto, se non di comune accordo, se sente che sarà così più libero di distrarsi per la preghiera ( cfr Testamento di Neftali, 88, E un tempo per astenersi da ciò per la sua preghiera); ma tali periodi di astinenza non dovrebbero essere prolungati o Satana li tenterà a cercare soddisfazione altrove.

Lo dice, però, a titolo di concessione, non di ingiunzione. Purtroppo non è chiaro a cosa si riferisca. Il termine concessione suggerisce che è concessione alla debolezza, e ciò è confermato da 1 Corinzi 7:7 . Il punto potrebbe quindi essere che preferirei che la tua astinenza fosse permanente e non temporanea. Questo è molto improbabile; Paul considerava il pericolo dell'incontinenza troppo grave per correre il rischio che tale consiglio implicherebbe.

Inoltre, il linguaggio era stato quello di un'ingiunzione definitiva. È più probabile che si riferisca al suo consiglio generale sull'argomento. Nel complesso, però, sembra meglio prenderlo come riferito all'astinenza; la concessione è al punto di vista sollecitato nella lettera della chiesa. Egli non ordina, nell'interesse della vita religiosa, che si osservino tali tempi, ma è disposto a fare l'eccezione alla regola, purché ciò possa avvenire senza rischio morale.

Naturalmente preferirebbe, continua, che tutti gli uomini avessero il dono della continenza. Ma c'è diversità di doni, e ciò per nomina di Dio, così che le norme devono essere regolate non dalle preferenze personali ma dai fatti concreti della situazione.

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