Matteo 26:56

La volubilità degli amici.

I. "Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono". La crudeltà di tutto questo sarebbe difficile da esagerare. Da tre anni in su il loro Divin Maestro aveva rafforzato la loro fede e li aveva legati a Sé con mille arti celesti. Avevano assistito ai suoi miracoli; avevano ascoltato i suoi discorsi; avevano sperimentato i suoi favori; erano stati fatti l'oggetto del suo inestimabile amore. Ecco, la fine si sta finalmente avvicinando alla fine della vita.

L'estremo della sofferenza e il peso più grave del conflitto con il mondo invisibile è già a portata di mano. ha lavato loro i piedi; li ha resi partecipi del suo corpo e del suo sangue; Li ha preparati al pericolo: anzi li ha resi consapevoli del suo stesso misterioso bisogno di sostegno e di consolazione, anche della loro umana simpatia; Ha esposto loro il suo segreto senso di solitudine e di abbandono: "Come, non potreste vegliare con Me un'ora ?" Non voglio esagerare l'infedeltà degli undici Apostoli, o sminuire la severità della loro prova.

La nostra saggezza consiste piuttosto nel vedere nella loro condotta un'immagine di ciò che sarebbe stato sicuramente nostro, se ci fossimo stati. Siamo spettatori, non giudici; e dovremmo essere silenziosi e addolorati, se volessimo trarre profitto da ciò che ci è permesso vedere degli affari dell'ultima notte nella vita terrena del Figlio dell'uomo.

II. Una lezione di pazienza l'uno verso l'altro. Una lezione di gentilezza, pazienza e longanimità verso coloro che chiamiamo nostri amici. Questo è l'insegnamento dell'incidente che stiamo ora considerando. Rivendichiamo così tanto; ogni segno di vacillante costanza, ogni mancanza di fedeltà a noi stessi nell'ora del bisogno, come siamo inclini a vendicarla con freddezza, rimprovero e indignato dispiacere! È spesso il segno di uno spirito caldo e fedele che non può tollerare in un altro ciò che in particolare rifugge dall'essere colpevole di se stesso.

Ma, comunque possiamo spiegarlo, per quanto possa attenuare l'offesa, un'offesa che è e un'offesa contro lo Spirito di Colui che serviamo, e il cui santo nome è invocato su di noi. Cerchiamo di essere più pazienti, più longanimi e meno pronti ad offenderci e ad inveire contro il mondo e le sue vie; ricordandoti che non hai legato a te nessuno sulla superficie della terra né puoi legare come Cristo ha legato gli Undici, i quali, quando lo videro catturato nel giardino, subito lo abbandonarono e fuggirono.

JW Burgon, Novantuno brevi sermoni, n. 38.

Riferimenti: Matteo 26:30 . Espositore, 3a serie, vol. ii., pag. 132. Matteo 26:31 ; Matteo 26:32 . Rivista Omiletica, vol. xiv., pag. 242. Matteo 26:31 . Parker, Vita interiore di Cristo, vol. iii., pag. 215.

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