L'ELEZIONE DI ST. MATHIAS

«La sorte è caduta su Mattia; e fu annoverato tra gli undici apostoli».

Atti degli Apostoli 1:26

La lezione della festa di Mattia è decisamente di incoraggiamento.

I. Gli elettori . ‑ Notate anzitutto che piccola banda si era radunata per eleggere un apostolo al posto del traditore Giuda. Il numero dei discepoli era di circa centoventi, e lo storico Gibbon ci dice che l'impero romano a quel tempo contava una popolazione di centoventi milioni, appena uno su ogni milione. Era abbastanza per far affondare i loro cuori quando pensavano al lavoro che era stato dato loro. 'Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.' Sicuramente i loro cuori devono aver fallito quando ci hanno pensato.

II. Non gli uomini, ma l'opera . ‑ E poi notate, in secondo luogo, quella di quella piccola banda... anzi, della cerchia interna di quella piccola banda, i dodici eletti, con Mattia nel loro gruppo, quanto poco sappiamo della loro individualità! Se togliamo dal loro numero San Pietro e Giovanni, e forse Matteo, e San Tommaso, e San Giacomo, del resto sappiamo poco o nulla. Solo un detto qui e un detto là, e niente di più.

Perché? Non è per incoraggiarci, che il grande pensiero non sono gli uomini ma il lavoro? L'unico grande scopo che avevano davanti a loro non era quello di farsi un nome nel mondo, non di tramandare nomi che dovessero essere ricordati e forse adorati, ma semplicemente di dedicarsi all'opera del Maestro.

III. La grandezza dell'opera . ‑ E poi, in terzo luogo, nota che opera grande e duratura fu. Guardiamo indietro al mondo come ci viene presentato a quel tempo, circa millenovecento anni fa. C'era un uomo che era signore di metà delle nazioni della terra: in potere nessuno poteva competere con lui; nella saggezza di questo mondo, ma pochi. Cosa resta adesso? Qua e là un nome, e qua e là un rudere.

Ma, nello stesso tempo, nacque una nazione tra le più disprezzate della terra, dodici poveri uomini senza spada in mano, e ma scarsamente riforniti con le scorte di cultura umana. Andarono, nord, sud, est e ovest, in tutte le parti del mondo. Furono insultati, furono calpestati; ogni macchina di tortura, ogni mezzo di morte, veniva impiegato per schiacciarli. E dov'è il loro lavoro adesso? Come è stato eloquentemente detto: "È posto come un diadema sulla fronte delle nazioni".

—Rev. JH Cheadle.

Illustrazione

«C'è nell'abbazia di Westminster un famoso monumento ai due più grandi revivalisti dei tempi antichi, i Wesley, e su quel monumento ci sono tre frasi, tratte dagli argomenti e dai sermoni di John Wesley. Queste tre frasi sembrano descriverci i tre aspetti della grande opera degli Apostoli e della Chiesa. Quando ci pensiamo in passato, ci sembra di pensarlo con queste parole: "Tutto il mondo è la mia parrocchia" - parole che suonano piuttosto egoiste, forse, quando si riferiscono al solo John Wesley, ma parole che esprimono una grande verità quando pensiamo agli operai nella Chiesa di Dio.

Così recita la seconda frase: "Dio seppellisce i suoi operai, ma porta avanti la sua opera". È Dio che opera negli uomini, mediante e attraverso gli uomini, operando la salvezza del mondo. E la terza frase è: "La cosa migliore è che Dio è con noi". Sia che guardiamo alla Chiesa nel suo insieme e all'opera di Dio che si compie nel mondo; se guardiamo a quella piccola parte di esso che noi stessi abbiamo il privilegio di fare, qualunque cosa sia, questa frase suona vera nei nostri cuori: "La cosa migliore è che Dio è con noi". '

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