Oh, se il mio dolore fosse completamente pesato, e la mia calamità fosse insieme sulla bilancia!

ver. 2. Oh, se il mio dolore fosse completamente pesato ] Ebr. Sono stati pesati pesando. La parola resa dolore significa anche ira, ed è la stessa con quella con cui Elifaz iniziò il suo discorso, Giobbe 5:2 , dove dice: "L'ira uccide lo stolto", indicando Giobbe, come un uomo adirato che esalta la follia. Qui, dunque, Giobbe comincia la sua confutazione, desiderando che quella sua ira o dolore, così poco censurato, fossero debitamente soppesati in una bilancia equilibrata; poiché allora sembrerebbe che ci fosse una ragione per la sua passione, che avesse abbastanza su di sé per cui piangere e che non si fosse lamentato senza motivo.

Leggiamo di un certo filosofo, il quale, udito della morte del figlio, proruppe in un forte lamento; per cui rimproverato, Permittite, inquit, ut homo sim, Permettimi, ti prego, disse, di mostrarmi uomo, cioè sensibile alle mie sofferenze.

E la mia calamità pesava insieme sulle bilance ] Cioè, che la mia calamità era esattamente contrapposta al mio dolore, i miei lamenti ei miei tormenti ugualmente in bilico; sembrerebbe allora che non mi sia ancora addolorato o lamentato fino all'altezza o al peso di quelle calamità che sono su di me. «Ancora oggi è amara la mia lamentela» (dice altrove rispondendo anche a Elifaz, interpretando le sue lamentele come ribellione a Dio): «il mio colpo è più pesante del mio gemito», Giobbe 23:2 .

Continua dopo la pubblicità
Continua dopo la pubblicità