Ma sebbene io sia rozzo nel parlare, ma non nella conoscenza; ma siamo stati completamente manifestati tra voi in tutte le cose. Ma sebbene io sia scortese nel parlare - Ιδιωτης τῳ λογῳ Anche se parlo come un comune illetterato, con frasi semplici e disadorne, senza studiare nessuna delle grazie dell'eloquenza; tuttavia non sono inesperto nella più profonda conoscenza di Dio, delle cose spirituali ed eterne, della natura dell'anima umana e delle sane verità del sistema evangelico: voi stessi ne siete testimoni, poiché in tutte queste cose ho è stato completamente manifestato in mezzo a voi.

Gli uomini ispirati ricevettero immediatamente tutte le loro dottrine da Dio, e spesso le stesse parole con le quali quelle dottrine dovevano essere trasmesse al mondo; ma in generale lo Spirito Santo sembra averli lasciati al proprio linguaggio, impedendo loro di usare qualsiasi espressione che potesse essere equivoca, o trasmettere un senso contrario a quello che Dio intendeva.

Che S. Paolo scrivesse un linguaggio forte, nervoso e sufficientemente puro, i suoi stessi scritti lo testimoniano sufficientemente; ma le grazie della lingua greca sembra non averle studiate, o almeno non ritenne opportuno usarle; perché forse non c'è lingua al mondo che sia così adatta a sedurre l'intelletto con i suoi suoni e la sua armonia, come il greco. Non è una cosa insolita per gli studiosi greci fino ai giorni nostri essere estasiati dall'armonia di un versetto greco, il cui senso è poco considerato, e forse vale poco! Suppongo che Dio impedisca agli scrittori ispirati di parlare o di scrivere così, che il suono non possa allontanare l'ascoltatore dal senso; e che la sola forza persuasiva della verità possa prevalere, e l'eccellenza della potenza appaia di Dio e non dell'uomo.

Riprendendo l'argomento da questo punto di vista, non vedo ragione di ricorrere alla supposizione, o meglio alla favola, che l'apostolo abbia avuto un impedimento nel parlare, e che a questa infermità alluda nel passo sopra.

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