Se dunque mi consideri un socio, accoglilo come me stesso. Se mi consideri dunque un partner - Se mi consideri un amico; se ho ancora il posto di un amico nel tuo affetto, accoglilo come me stesso; poiché, come lo sento come la mia stessa anima, ricevendolo tu ricevi me.

C'è un bel modello di raccomandare un amico all'attenzione di un grande uomo nell'epistola di Orazio a Claudio Nero, a nome del suo amico Settimio, Epistolar. lib. i., Efesini 9 , che contiene diversi tratti non dissimili da quelli dell'Epistola a Filemone. È scritto con molta arte; ma è molto superato da quello di S. Paolo. Essendo molto breve lo inserirò: -

Settimio, Claudi, nimirum intelligit unus,

Quanti mi facciate; nam cum rogat, et prece cogit

Scilicet, ut tibi se laudare, et tradere coner,

Dignum mente domoque legentis onestà

Neronis, Munere cum funghi propioris censet amici;

Quid possim videt, ac novit me valdius ipso.

Multa quidem dixi, cur excusatus abirem:

Sed timui, mea ne finxisse minora putarer,

Dissimulator opis propriae, mihi commodus uni.

Sic ego, majoris fugiens opprobria culpae,

Frontis ad urbanae discendenti praemia.

Quod si Depositum laudas, ob amici jussa, pudorem;

Scribe tui gregis hunc, et fortem crede bonumque.

"O Claudio Settimio solo sa quale valore tu abbia per me; poiché egli mi chiede e mi supplica sinceramente di raccomandarlo a te, come un uomo degno del servizio e della fiducia di Nerone, che è così giusto giudice di merito. Quando immagina che ho l'onore di essere uno dei tuoi più intimi amici, mi vede e mi conosce più particolarmente di me stesso.Ho detto infatti molte cose per indurlo a scusarmi, ma ho temuto di essere pensato per dissimulare il mio interesse con te, per poterlo riservare tutto a mio vantaggio.

Perciò, per fuggire il rimprovero di una colpa maggiore, ho assunto tutte le conseguenze di un cortigiano, e ho, su richiesta del mio amico, deposto il divenire pudore; il che, se puoi perdonare, accogli quest'uomo nella lista dei tuoi domestici, e credi che sia una persona integerrima e degna".

Ciò non solo è ampiamente superato da San Paolo, ma anche da una lettera di Plinio al suo amico Sabiniano, a favore del suo servo, che, in qualche modo, era incorso nel dispiacere del suo padrone. Si veda alla conclusione di queste note (Plm 1:25 (nota)).

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