O miserabile uomo che sono! chi mi libererà dal corpo di questa morte? O miserabile che sono, ecc. - Questo commovente racconto è terminato in modo più impressionante dai gemiti del prigioniero ferito. Avendo a lungo sostenuto un inutile conflitto contro innumerevoli schiere e irresistibile potenza, è infine ferito e fatto prigioniero; e per rendere il suo stato più miserabile, non solo è circondato dal massacrato, ma incatenato a un cadavere; perché qui sembra esserci un'allusione a un'antica usanza di certi tiranni, che legavano un cadavere a un uomo vivo, e lo obbligavano a portarlo in giro, finché il contagio della massa putrida gli toglieva la vita! Virgilio lo dipinge in tutti i suoi orrori, nel racconto che fa del tiranno Mezentius. Eneide, lib. viii. ver. 485.

Quid memorem infandas caedes? quid facta tyranni?

Mortua quin etiam jungebat corpora Vivis,

Componens manibusque manus, atque oribus ora;

genere Tormenti! et sanie taboque fluentes

Complexu in misero, longa sic morte necabat.

Quale lingua possono registrare tali barbarie,

O contare i massacri della sua spada spietata?

Non bastava il buono, l'incolpevole sanguinava,

Peggio ancora, legò i vivi ai morti:

Questi, membro a membro, e faccia a faccia, si unì;

Oh! crimine mostruoso, di tipo ineguagliabile!

Finché soffocati dal fetore, i disgraziati rimasero sdraiati,

E negli abbracci detestati, morì!

Pitt.

Servio osserva, nel suo commento a questo passo, che sanies, mortui est; tabo, viventis scilicet sanguis: "il sanies, o putrido ichor, dal cadavere produsse le tabes nel sangue dei vivi". Arrostire, bruciare, travasare, crocifiggere, ecc., non erano niente in confronto a questa punizione diabolicamente inventata.

Possiamo naturalmente supporre che il grido di una tale persona sarebbe: Disgraziato quale sono, chi mi libererà da questo cadavere? E come si applica questo al caso della persona cui si riferisce l'apostolo! Un corpo, un'intera massa di peccato e corruzione, era legato alla sua anima con catene che non poteva spezzare; ed il mortale contagio, trasfuso per tutta la sua natura, lo schiacciava alle amare pene di una morte eterna.

Ora scopre che la legge non può permettergli alcuna liberazione; e dispera dell'aiuto di qualsiasi essere umano; ma mentre emette il suo ultimo gemito, o quasi spirando, gli viene annunziata la redenzione da parte di Cristo Gesù; e, se l'apostolo si riferisce al proprio caso, Anania inaspettatamente gli si avvicina con - Fratello Saulo! il Signore Gesù, che ti è apparso per la via, mi ha mandato a te, affinché tu possa ricuperare la vista e essere pieno di Spirito Santo.

Vede allora una porta di speranza aperta, e subito, ma nella prospettiva di questa liberazione, rende grazie a Dio per la ben fondata speranza che ha della salvezza, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.

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