(15-21) La sezione che segue è, almeno nella forma, ancora una continuazione del rimprovero rivolto a San Pietro; ma l'Apostolo ben presto si allontana da questo, e comincia impercettibilmente un commento alle sue stesse parole, che si rivolge direttamente ai Galati. Siamo così condotti, senza alcuna vera interruzione, dalla parte storica e personale a quella dottrinale dell'Epistola. È impossibile dire esattamente dove finisce il discorso di Antiochia e dove inizia il commento su di esso; l'Apostolo scivola dall'uno all'altro senza alcuna divisione cosciente nella propria mente.

Un'analoga commistione di narrativa e commento si trova nel Vangelo di san Giovanni: confrontare, ad es., Giovanni 3:14 ; Giovanni 3:31 , la prima delle quali sezioni appartiene formalmente al discorso con Nicodemo, e la seconda alla risposta di Giovanni Battista, sebbene sia chiaro che molto dopo il commento dell'evangelista è intrecciato con loro.

Se vogliamo tracciare una linea di demarcazione nella sezione davanti a noi, si potrebbe dire che Galati 2:15 fosse ancora quasi una parafrasi delle parole effettivamente indirizzate a San Pietro; mentre da Galati 2:17 poi l'Apostolo dà più libero sfogo alle proprie riflessioni. La sequenza del pensiero sembra essere in qualche modo la seguente: -

Apparteniamo per nascita a un popolo privilegiato. Non siamo di discendenza gentile, e quindi abbandonati ai nostri peccati. Eppure, con tutti i nostri privilegi, abbiamo scoperto che non potevamo ottenere alcuna giustificazione dalla Legge; e questo ci ha mandato a Cristo. Abbiamo così abdicato alla nostra posizione privilegiata; ci siamo messi allo stesso livello dei Gentili, e siamo diventati (agli occhi della Legge) peccatori come loro. peccatori? Dobbiamo allora ammettere che tutto ciò che Cristo ha fatto per noi è renderci peccatori? Lungi da essere un pensiero così irriverente.

Il nostro peccato non consiste nell'abbandonare la Legge, ma nel ritornare a ciò che un tempo è stato abbandonato. La funzione della Legge era preparatoria e transitoria. La Legge stessa mi ha insegnato ad aspettarmi la sua stessa abrogazione. Era una tappa sulla via di Cristo. A Lui ho dato una completa adesione. Nella Sua morte sono separato dagli antichi legami. Nella sua morte ho cessato di avere vita mia. Tutta la vita che ho, uomo quale sono, la devo a Cristo, mio ​​Salvatore.

Così accetto e non rifiuto e vanto il dono così liberamente offertomi: mentre, tornando alla Legge per la giustificazione, dovrei praticamente dichiarare inutile e inutile la morte di Cristo.

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