Discorso sano, che non può essere condannato. — La sostanza dell'insegnamento di Tito, sia nei rapporti più privati ​​con gli individui, sia nella sua predicazione nelle riunioni cristiane, deve essere sana, pratica, virile, in contrasto con l'istruzione malaticcia, morbosa, fantasiosa in cui si trovavano i falsi maestri di Creta. l'abitudine di dare. Anche le sue parole devono essere ben ponderate e ponderate, oltre che serie e appassionate; devono essere tali da non esporlo né al disprezzo né all'accusa di presunzione.

Tra le righe dell'esortazione del versetto 7 e 8 si legge l'ansia dell'Apostolo che il suo rappresentante a Creta avesse tutta la cura possibile che la materia del suo insegnamento e della sua predicazione fosse studiata e preparata con tutta l'attenzione e il pensiero così importante un dovere richiesto. Dovrebbe anche ricordare che le parole come le opere del maestro cristiano saranno oggetto di una critica aspra e spesso ostile. Questi avvertimenti e richiami di san Paolo, va tenuto presente, appartengono a tutte le età della fede.

Che chi è della parte contraria si vergogni, non avendo nulla da dire di te. — Le autorità più antiche, con un'eccezione, leggono "di noi", invece di "di te". Se Tito esegue equamente l'esortazione degli ultimi due versetti, allora il nemico, o il falso maestro o l'oppositore pagano del cristianesimo, confuso dalla vita pura, oblativa, seria, sopraffatto dalla parola ponderata e ponderata di grandi verità, con l'appassionata esortazione a uomini e donne a condurre una vita nobile e onesta, si vergognerà sicuramente della sua amara opposizione, quando non troverà né nella vita né nell'insegnamento nulla che possa giustamente criticare come "cattivo".

Poiché la lettura più supportata, "di noi", associa San Paolo e altri a Tito, la cosa malvagia che si sarebbe potuta dire di Tito in realtà sarebbe stata pronunciata contro San Paolo e gli apostoli anziani.

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