Esorta i servi ad essere obbedienti ai propri padroni. — La traduzione accurata qui è servi vincolati. Le parole in questo e nel successivo versetto, va ricordato, sono rivolte a “schiavi”. Con qualche particolare riferimento alle peculiari circostanze della Chiesa a Creta, San Paolo aveva dato indicazioni generali al suo rappresentante ( Tito 2:1 ) riguardo all'istruzione e ai consigli che riteneva opportuno dare ai vari ordini ed età di professare cristiani nell'isola.

Queste indicazioni sono state disposte rispetto a "età" e "sesso". Passa ora alla questione dell'istruzione di un'altra classe numerosa, tra cui si trovavano molti cristiani: "gli schiavi". Questi li ammassa sotto un'unica testa. Non è improbabile che queste “parole” da rivolgere in modo particolare agli schiavi fossero richiamate da alcuni particolari casi di insubordinazione e di impazienza per la loro infelice condizione tra gli schiavi cretesi.

Infatti, i ripetuti avvertimenti a questa classe sfortunata e oppressa (cfr Efesini 6:5 ; Colossesi 3:22 ; 1 Timoteo 6:1, Efesini 6:5 ) ci dicono che tra le difficoltà che il cristianesimo dovette superare nei suoi primi anni vi fu l'arduo compito di persuadere “lo schiavo” che il divino Maestro che gli aveva promesso una casa, se fosse stato fedele e veritiero, tra le tante dimore del Padre suo, non intendeva che i rapporti esistenti della società dovessero poi essere cambiati, o il suo complesso quadro disturbato.

San Paolo sapeva che era difficile persuadere il servo, coerede del cielo con l'uomo libero, ad accettare pazientemente la sua attuale condizione di miseria e servitù. Da qui queste ripetute accuse a questa classe. Questi poveri sofferenti dovevano obbedire allegramente, prontamente, come diceva loro la clausola successiva.

E per compiacerli bene in ogni cosa; non rispondere più. — Le ultime parole si traducono meglio senza contraddire; la Vulgata ha contraddizioni. Significa che dovrebbero obbedire allegramente, volentieri, senza scontrosità; non ostacolare o mettersi contro i piani, i desideri o gli ordini dei loro padroni; e l'Apostolo, in Tito 2:10 , dà loro un nobile incentivo per questa coraggiosa, dolce pazienza che avrebbe tanto ardentemente esercitato su di loro.

Una simile condotta da parte loro, dice loro, servirebbe molto per aiutare la causa del Maestro; predisporrebbe molte menti ostili a favore di una religione che potrebbe influenzare così potentemente anche lo schiavo. Il Crisostomo commenta così: “I greci formano la loro stima delle dottrine non dalla dottrina stessa, ma dalle azioni e dalla vita” (di coloro che professano la dottrina).

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