L'apostolo affrontò poi il tema delle "cose ​​sacrificate agli idoli". La questione evidentemente era se i membri della Chiesa di Corinto dovessero in qualsiasi circostanza mangiare parti dei sacrifici pagani che venivano venduti nei mercati per il consumo generale come cibo. Nell'affrontare la questione, l'apostolo, contrapponendo conoscenza e amore, ha stabilito un principio che ha un'applicazione ben più ampia di quella richiesta dal soggetto stesso. Mostra che "la conoscenza gonfia", mentre "l'amore edifica" o "rafforza"; e così rivela subito l'amore piuttosto che la conoscenza come il vero principio dell'azione.

Se la conoscenza è il principio semplice e come un idolo non è nulla, i sacrifici offerti agli idoli non hanno significato o valore. La deduzione evidente è che, alla luce della conoscenza, un uomo può certamente mangiare. Tuttavia l'apostolo dice che non tutti gli uomini hanno questa conoscenza. Alcuni sono stati abituati fino ad ora all'idolo. Lo hanno considerato reale, e il giudizio, pur evidenziando la debolezza della loro conoscenza, è tuttavia reale per loro.

Il principio cristiano dell'amore esige la considerazione della loro debolezza; di conseguenza la questione se tale carne debba essere mangiata dal cristiano deve sempre essere decisa sulla base di quel principio. L'apostolo riassume l'intera posizione nelle parole superlative con cui questa sezione chiude: "Se la carne fa inciampare mio fratello, non mangerò carne per sempre, per non far inciampare mio fratello".

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