Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra, buona volontà verso gli uomini.

Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace in terra, buona volontà verso gli uomini - inno breve ma trasportante, non solo in articolato discorso umano per nostro conto, ma in misura sintonizzabile, nella parte anteriore di un parallelismo ebraico di due membri completi, e una terza, per così dire, che spiega e amplifica solo la seconda, e quindi senza l'"e" di collegamento. La "gloria a Dio" che doveva portare il neonato Salvatore è la prima nota di questo esaltato inno, e fu risuonata probabilmente da un distaccamento del coro.

A ciò risponde la "pace in terra", di cui Egli sarà il Principe ( Isaia 9:6 ), cantata probabilmente in risposta da un secondo distaccamento del coro celeste; mentre rapido segue l'eco lieto di questa nota - "buona volontà agli uomini" - da un terzo distacco, si può supporre, di questi angelici coristi. Così:

Prima divisione del coro celeste -

"GLORIA A DIO NELL'ALTO"

Secondo --

"E SULLA PACE IN TERRA"

Terzo --

"BUONA VOLONTÀ AGLI UOMINI"

La pace con Dio è la grande necessità di un mondo caduto. Portare in questo, nel cui seguito viene ogni altra pace degna di questo nome, fu la prima missione del Salvatore su questa terra. Ciò ha comportato, tutta la "buona volontà agli uomini" del Cielo o il compiacimento divino х eudokia ( G2107 ), cfr. Efesini 1:5 ; Efesini 1:9 ; Filippesi 2:13 , ecc.

] discende ora su un nuovo piede per posarsi sugli uomini, come sul Figlio stesso, «nel quale Dio si è compiaciuto» х eudokeesa ( G2106 ), Matteo 3:17 ]. Bengel nota che non dicono 'gloria a Dio in cielo,'-ma usando una rara espressione - "nei cieli più alti" х en ( G1722 ) hupsistois ( G5310 )], dove gli angeli non aspirano ( Ebrei 1:3 ).

[La lettura, 'agli uomini di buona volontà' - en ( G1722 ) anthroopois ( G444 ) eudokias ( G2107 ) - è introdotta nel testo da Tischendorf e Tregelles, dopo Lachmann-sull'autorità dei manoscritti alessandrini e Beza (A e D); ma soprattutto per la forza delle versioni latine, e per la difficoltà di rendere conto di una lettura così rara, se non genuina.

In questo caso il senso sarà ancora conforme alla dottrina della Scrittura: «agli uomini della (Sua, cioè, di Dio) buona volontà», o agli oggetti del compiacimento divino; non come la Chiesa Romana, dopo la Vulgata, la intende per 'agli uomini di buona disposizione'. Ma la grande preponderanza di manoscritti e versioni è a favore della lettura ricevuta; né le obiezioni ad esso, come guastando il ritmo, appariranno di minima forza nella vista che abbiamo dato di sopra, ma proprio il contrario. DeWette, Meyer Alford e Van Osterzee, sono decisamente a favore della lettura ricevuta.]

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