Vanità delle vanità, dice il Predicatore, vanità delle vanità; tutto [è] vanità.

ver. 2. Vanità delle vanità. ] O, vanità vanitosa: perciò qui non c'è felicità che nel timore reverenziale di Dio, Ecc 12,13 e questa è la somma di tutto il sermone, il risultato del discorso, il giudizio imparziale portato da uno che potrebbe dire meglio; e lo ripete più e più volte, affinché gli uomini possano prima credergli, senza sottoporsi all'infruttuosa fatica di tentare ulteriori conclusioni.

Il peccato ha gettato confusione sul mondo e ha portato vanità sulla creatura. Questo trovarono i nostri progenitori, e perciò chiamarono il loro secondo figlio Abele, o vanità. Davide viene dopo e lo conferma, Salmo 144:4 "Adamo è come Abele", oppure: "L' uomo è simile alla vanità". C'è un'allusione nell'originale ai loro due nomi: sì, tutto-Adamo è tutto-Abele, b quando è meglio sotto intarsi - così l'ebraico lo ha c - "Ogni uomo nel suo miglior stato", quando è stabilito su il suo miglior fondoschiena "è del tutto vanità: sicuramente, Selah.

Salmo 39:5 Ma chi, ahimè, ha creduto alla nostra notizia? Queste cose esteriori sono così vicine a noi, e così naturali per noi, che sebbene possiamo dire: anzi giuro, col Predicatore, "Vanità delle vanità", un mucchio, un nido di vanità, - Non è niente, non è niente, dice il compratore, eppure, quando andiamo a pezzi, ci chiudiamo con loro; anche se sappiamo che sono nulla e diventeranno nulla.

1Co 2:6 Né sarà mai altrimenti per noi, finché, con Fulgenzio, non avremo trovato, dopo molte prove, la vanità di ogni trionfo terreno; d finché, con Gilimer, re dei Vandali, guidato in trionfo da Belisario, gridiamo, come qui: "Vanità delle vanità, tutto è vanità"; e finché, con Carlo V, imperatore di Germania (che di tutti gli uomini il mondo giudicò più felice), gridiamo con detestazione a tutti i nostri onori, piaceri, trofei, ricchezze, f Abite hinc, abite longe, Vattene di qui, lascia non ti sento più

un Adamo è il compagno di Abele.

b Ogni Adamo è tutto Abele.

c Nitsub, fondato, stabilito.

d Fulgenzio la chiamava vanità quando vedeva i trionfi oi giochi romani.

e Procop., lib. ii., de bello Vand.

f Filippo. Mattino.

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