Perché anche noi stessi siamo stati talvolta stolti, disubbidienti, ingannati. — Meglio reso, perché un tempo noi stessi eravamo sciocchi, disubbidienti, smarriti. Certamente, sostiene l'Apostolo, i cristiani non possono mai rifiutare l'obbedienza a chi ha autorità, né rifiutare di essere mansueti, cortesi, gentili e tolleranti verso il prossimo, perché, appunto, considerano il magistrato in autorità o i loro vicini idolatri, e quindi fuori il palato della misericordia di Dio e della loro cortesia; per ricordare, scrive S.

Paul, una volta (non molto tempo fa) eravamo noi stessi nelle loro condizioni. Una volta avevamo bisogno di misericordia per noi stessi. Questo forte appello ai cristiani, per il ricordo del loro passato, per il ricordo di ciò che erano una volta, deve essere andato a casa di uno come Tito, anch'egli di famiglia gentile, e molto probabilmente nutrito di idolatria. Sarebbe, senza dubbio, ripetuto con strana, commovente serietà, se questo argomento di S.

Paolo da Tito quando parlò all'assemblea dei cristiani cretesi. Un tempo noi stessi eravamo “folli”, cioè senza capire cosa fosse vero; e "disubbidiente", cioè riluttante, indisposto, a fare ciò che era giusto; “ingannato”, ovvero smarrirsi ( errantes ) , allontanarsi dalla stretta via che conduce alla vita.

Al servizio di diversi desideri e piaceri. — Questo è il servizio che abbiamo servito nei giorni passati del nostro peccato e della nostra vergogna, mentre eravamo "disubbidienti" a ciò che era giusto e puro. Eravamo obbedienti, stavamo "servendo" come schiavi, molte concupiscenze impure, molte piaceri illeciti — poiché le concupiscenze e i piaceri a cui si riferiva san Paolo erano quelli delle persone con le quali per il momento l'Apostolo si stava classificando.

I piaceri di questi popoli in parte greci, in parte asiatici consistevano, infatti, nella sfrenata soddisfazione delle concupiscenze della carne; le loro sfacciate feste erano appena coperte dal loro sottile e inconsistente velo di bellezza e di falsa raffinatezza.

Vivendo nella malizia e nell'invidia, nell'odio e nell'odio reciproco. — Questi amanti del piacere e della lussuria invidiavano ciascuno il suo prossimo le cose buone che possedeva; e così noi - poiché noi, ricordiamo, una volta eravamo di questo numero - una volta trascorrevamo le nostre vite in questa atmosfera di odio, odiando gli altri con gelosia, odiavamo noi stessi per le stesse ragioni. Dovremmo allora - una volta come loro - rifiutare ora ogni simpatia per queste povere anime rimaste ancora nell'ignoranza e nel peccato?

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